Il Museo Ginori è stato per quasi trecento anni un museo d’impresa, pensato dal fondatore, il marchese Carlo Ginori, come contenitore privilegiato della bellezza che la sua fabbrica era in grado di creare. Aveva sede nella Galleria della Villa Ginori, a Doccia, alle porte di Sesto Fiorentino, una città che si trova al sesto miglio della Via Cassia a nord di Firenze. Lì venivano esposte le più belle porcellane che uscivano dalla Manifattura. Fino ai Ginori la porcellana non aveva incontrato la grande storia dell’arte italiana e l’incontro avvenne fatalmente a Firenze, nel passaggio dai Medici ai Lorena, quando Carlo Ginori capisce che è giunto il momento di dare un seguito alla grande tradizione della scultura, come rappresentata da Donatello a Michelangelo, da Giambologna ai maestri del Barocco: compra tutti i modelli sul mercato dei grandi scultori ancora viventi o scomparsi da poco; la sua idea è di tradurre questa tradizione in porcellana, per realizzare non solo tazzine e chicchere ma vere e proprie sculture, statue. Trionfava l’eterna ossessione fiorentina della figura umana, poi nel tempo c’è stata naturalmente la produzione anche di tazze, piatti e servizi, ma nel grande stile italiano, che è monumentale anche nel piccolo.
Nei secoli a venire ci sono le invenzioni di Giò Ponti, che ha diretto per anni la Manifattura nel Novecento. Negli anni ‘50 del Novecento ci fu la paura che lo stabilimento lasciasse Sesto e il Consiglio Comunale fece una mozione per impedirlo. Successivamente nel 2013 la Ginori fallisce e il museo non viene acquisito dal gruppo che la rileva, pertanto negli anni stava andando in rovina. Quindi lo Stato Italiano nel 2017 compra il Museo Ginori.
Dal 1965 il Museo ha sede in un edificio progettato dall’architetto Pier Niccolò Berardi – che faceva parte del gruppo di Michelucci – di proprietà demaniale e affidato alla Direzione Regionale Musei della Toscana. Necessita di importanti lavori di risanamento dopo gli anni di abbandono seguiti al fallimento dell’azienda Richard-Ginori. Nei prossimi mesi le collezioni saranno spostate a spese della Fondazione e trasferite in luoghi sicuri per consentire i lavori di restauro.
Il Museo custodisce tre secoli di storia del gusto e del collezionismo, eredità della più antica manifattura di porcellana ancora attiva in Italia ed una delle più importanti al mondo. Notificata come complesso di eccezionale interesse storico-artistico e archivistico dal 1962, la sua collezione comprende circa 8000 oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990, modelli scultorei, documenti cartacei e disegni, una biblioteca storica, una biblioteca specialistica e una fototeca.
Il Museo, di cui fa parte un Comitato Sociale, sta rinascendo, non sarà solo un museo d’impresa ma si conferma museo del territorio e del lavoro. Il logo del Museo mostra infatti l’edificio di Berardi e la sagoma della cisterna dell’acqua stilizzati, sottolineando il legame inscindibile tra museo e fabbrica. I colori sono il blu e l’oro delle porcellane e della famiglia Ginori, insieme al rosso, che rappresenta le lotte dei lavoratori, compresa quella contro la silicosi, la malattia professionale di chi lavora la porcellana. Furono lotte antipadronali condivise da Don Milani, che riconosceva lo sciopero come arma incruenta, perché ”L’obbedienza non è più una virtù”.
Nell’attesa fiduciosa che il museo riapra, auspicabilmente entro tre anni, il giardino nei prossimi mesi sarà aperto tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 19,30: uno spazio pubblico anche per la vita quotidiana dei cittadini di Sesto Fiorentino.