Omero ritrovato
Le Gallerie degli Uffizi hanno acquisito da una collezione privata un dipinto del pittore bolognese Bartolomeo Passerotti, opera di cui per molto tempo non si sapeva più nulla e che si inserirà nella narrazione delle nuove sale dedicate alla pittura del XVI secolo, di prossima apertura. Sono le sale dedicate a Roma, Ferrara, Parma e Bologna e la sala del Nord Italia avrà più spazio, riflettendo anche il gusto dei Medici del periodo. Questo capolavoro ritenuto perduto è la tela “Omero e l’enigma dei pidocchi”, databile intorno al 1575, che mostra in modo particolare l’originalità e la versatilità del pittore cinquecentesco. E’ anche la storia di un capolavoro ritrovato, l’enigma dentro l’enigma. E’ un grande quadro con questo soggetto strano, il primo che ne parla è Raffaello Borghini nel 1584. L’episodio è riportato nelle edizioni in greco della “Vita Homeri” dello Pseudo-Plutarco, più volte stampate nel Cinquecento. Omero sull’isola di Ios vide arrivare dei pescatori e chiese loro se avessero fatto buona pesca. La risposta dei pescatori è raffigurata nella frase allusiva sulla barca (“Quel che abbiamo preso lo abbiamo lasciato, quel che non abbiamo preso, l’abbiamo tenuto”) e si riferisce ai pidocchi; Omero però non sa risolvere l’enigma proposto dai marinai e muore così di crepacuore, come nella profezia. Il passerotto – che Passerotti inserisce spesso come firma – qui lo mette in guardia.
Nel 1574 Passerotti è sicuramente a Firenze e questa potrebbe essere l’occasione in cui il quadro viene intinto, Giovanni Battista Deti gli ha forse commissionato il dipinto. Questo soggetto non era stato mai trattato dalla pittura occidentale. E’ un invito a non insuperbirsi, infatti bastano pochi pescatori umili a mettere il sapiente in difficoltà e la sua sapienza cade miseramente. Il quadro perduto era già noto perché sussistevano due disegni di Passerotti, oggi conservati uno al Louvre e uno al British Museum; non sono studi preparatori, ma già stampe. Quando si trovano i disegni si capisce che sono legati a questo quadro. La datazione del 1575 è stata intuita dal 1986 ed il ritrovamento attuale ha confermato questo. Passerotti è un artista molto complesso, lavora su “tabula rasa”; c’è in quest’opera il presentimento delle scene di genere, della pittura dell’umiltà, il pittore apre alle “umilia” e apre verso il colore, una via verso il naturale. La figura velata che compare a destra è una zingara e viene inserita all’ultimo momento, starebbe a rappresentare l’oracolo che predice il futuro. La riflettografia all’infrarosso dell’opera rappresenta varie lunghezze d’onda, mette in evidenza le fasi di costruzione, si possono seguire le scelte pratiche dell’autore che sono anche scelte mentali e si notano cambiamenti in corso d’opera: ad esempio il piede di Omero prima aveva un calzare poi è stato rappresentato nudo in un sandalo. Altri aggiustamenti sono il volto di uno dei pescatori che prima era inclinato da un’altra parte, la presenza di una barca più piccola che affiancava quella grande, dove uno dei pescatori stava in piedi e questo crea uno scompenso rispetto ai piani iniziali. I cambiamenti effettuati erano comunque già previsti nei disegni.
Gli Uffizi stanno diventando sempre più fonte di novità, di sorprese belle e positive. In questo caso, tramite il pittore bolognese, si rafforza ulteriormente il rapporto Toscana ed Emilia-Romagna ed è previsto un protocollo di intesa anche sul piano artistico. La diffusione degli Uffizi come espressione di galleria aperta può portare a valorizzare un patrimonio di tutta la Toscana e i turisti possono sentirsi stimolati a venire non solo per gli Uffizi o per Firenze. Acquisizioni come questa del Passerotti danno inoltre il senso di apertura della Galleria in funzione mondiale. Gli esperti auspicano inoltre che possa essere in futuro realizzata una mostra monografica su Passerotti, riunendo così le opere di Firenze e Bologna di questo artista cinquecentesco straordinariamente moderno.